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CeSPI: online il Focus Migrazioni internazionali giugno - settembre 2023

L’inclusione e integrazione degli immigrati nei Paesi è un processo complesso e continuo. Non esiste un approccio univoco e le sfide e le opportunità variano da Paese a Paese.

Nella sezione mondiale del Focus Flussi Migratori n.48 a cura del CeSPI, analizzando la situazione nei Paesi di accoglienza per i quali sono disponibili dati aggiornati, ovvero i Paesi OECD, resi disponibili in una recente pubblicazione, emergono alcune delle principali sfide quali barriere linguistiche, mancanza di accesso all’istruzione e all’occupazione, discriminazione. I dati mostrano che il tasso di occupazione degli immigrati nei Paesi OECD era in media del 67,4% nel 2022, leggermente inferiore a quello dei nativi (68,9%). Tuttavia, ci sono state grandi differenze tra i Paesi, con alcuni che hanno tassi di occupazione più elevati per gli immigrati rispetto ai nativi, e altri che hanno tassi più bassi.

Sempre nel 2022, il reddito medio annuo degli immigrati nei Paesi dell'OECD era pari all'87% di quello dei nativi; il divario di reddito era maggiore per le donne che per gli uomini, e per gli immigrati con un basso livello di istruzione rispetto a quelli con un alto livello di istruzione. Il tasso di povertà degli immigrati era del 16,4%, superiore a quello dei nativi (12,7%); soprattutto, il divario di povertà era particolarmente ampio per i bambini immigrati, che avevano più del doppio delle probabilità di vivere in povertà rispetto ai bambini nativi. Una notizia incoraggiante è che, se gli immigrati tendono a essere inizialmente in netto ritardo rispetto ai nativi in termini di occupazione e/o salario, le differenze tendono a ridursi nel tempo, soprattutto per quanto riguarda i salari, indicando una progressiva convergenza.

La sezione regionale si focalizza sull’area del Mediterraneo. In particolare, sono prese in considerazione quattro tipologie di verse di fenomeni, coi relativi dati. Il primo fenomeno è lo stock degli immigrati sia nei Paese dell’UE che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, sia nei Paesi nord-africani, confrontando la situazione in termini di numeri assoluti, quota relativa rispetto alla popolazione totale residente, regioni e Paesi di provenienza. Il secondo fenomeno, più congiunturale, è rappresentato dai flussi di immigrazione, in particolare l’immigrazione irregolare, un problema importante in Europa da molti anni, soprattutto dopo la crisi migratoria del 2015, quando più di un milione di persone sono arrivate nell’UE, soprattutto da Siria, Afghanistan e Iraq. I dati internazionali disponibili permettono di confrontare la situazione attuale, mettendola in relazione con quella passata, delle tre diverse rotte che attraversano il Mediterraneo e che approdano, rispettivamente, in Spagna (rotta occidentale), Italia (rotta centrale) e Grecia (rotta orientale). Il terzo fenomeno è quello dei flussi regolari che, nonostante ricevano molta meno attenzione del dibattito attuale sulle migrazioni internazionali, sono un fenomeno strutturale che interessa un numero molto più ampio di migranti rispetto a quello dei flussi irregolari nel caso di quasi tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, anche se l’Italia è tra i Paesi che fanno eccezione al riguardo. Il quarto fenomeno da sottolineare è quello dei picchi: al di là di una natura strutturale delle migrazioni internazionali nel Mediterraneo – con significative differenze tra sponda Sud e Nord del Mar Mediterraneo – la storia degli ultimi 35 anni indica come ci siano state alcune ondate eccezionali di afflussi migratori: all’indomani del collasso dell’Unione Sovietica, l’ondata di richiedenti asilo provenienti dalla Siria nel 2015 e l’attuale flusso di rifugiati ucraini. Picchi che hanno interessato diverse delle rotte che attraversano il Mediterraneo, rotte molto rischiose, a cominciare da quella centrale, che ha il triste primato di numero di morti e dispersi lungo il tragitto.

È infine segnalato un dato preoccupante, relativo ai 6 milioni di rifugiati palestinesi che si trovano nella regione mediterranea, segnati da un lunghissimo periodo di condizione ‘transitoria’ di rifugiati, con il rischio di possibili conseguenze di ulteriori sfollamenti a seguito della guerra tra Hamas e Israele.

Infine, la sezione nazionale del focus si concentra su Cuba, un Paese al centro da quasi 65 anni di una contrapposizione ideologico-politica tra comunismo e capitalismo, che sta affrontando una gravissima crisi economica, acuitasi a seguito della pandemia da COVID-19 e dell’inasprirsi della politica di embargo statunitense, ma che è anche caratterizzato da una storia migratoria di lungo periodo. Già prima della rivoluzione cubana castrista del 1959, Cuba era Paese di origine di flussi migratori che poi, nel tempo, si sono accresciuti, passando per diverse ondate influenzate da fattori politici, economici e sociali: subito dopo la rivoluzione, con l’Operazione Pedro Pan all’inizio degli anni Sessanta, con l’esodo di Mariel che coinvolse circa 125.000 cubani nel 1980, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica (principale alleato e sostegno economico per Cuba), con la cosiddetta politica dei piedi bagnati/asciutti (1995-2017), e infine con l’ondata senza precedenti in questi ultimi tre anni, a causa della gravissima crisi economica. Poiché la maggior parte dei circa 2 milioni di emigrati si trova negli Stati Uniti, la cui politica e trattamento speciale per i cubani hanno influito sulla dinamica stessa dei flussi migratori, alla situazione negli Stati Uniti è data una particolare attenzione, oltre che alla realtà complessiva della diaspora. Chiude la sezione relativa a Cuba un’intervista a Tommaso Santambrogio, regista che ha inaugurato le Giornate degli Autori alla Biennale di Venezia 2023 con il film “Los océanos son los verdaderos continentes”, frutto di prolungati soggiorni a Cuba e di una conoscenza approfondita dell’impatto delle migrazioni sulla vita di diverse generazioni di cubani.

Per maggiori informazioni scarica il Focus Flussi Migratori n.48

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