Vai al contenuto della pagina

"Gli italiani e cooperazione allo sviluppo nel 2023", pubblicato il report a cura di IAI/LAPS

Il 63% degli italiani ritiene che le organizzazioni della società civile siano gli attori del sistema italiano che più possono fare la differenza nel ridurre i livelli di povertà nei paesi in via di sviluppo, più del governo e delle aziende private (rispettivamente Il 54% e il 53%).

È questo uno dei dati incoraggianti che emergono dall’indagine “Gli italiani e la cooperazione allo sviluppo nel 2023” condotta da IAI in collaborazione con il Laboratorio Analisi Politiche e Sociali (LAPS) dell’Università di Siena. L'indagine affronta una serie di temi di attualità nel mondo della cooperazione italiana allo sviluppo per sondare l’opinione degli italiani su aiuto allo sviluppo, conoscenza degli SDGs, migrazioni e cittadinanza attiva.

Resta bassa la conoscenza dei rispondenti rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Sustainable Development Goals, o Sdg). Solo il 16% ha affermato di averne sentito parlare e di sapere cosa siano, mentre il resto del campione si divide tra coloro che non ne hanno mai sentito parlare (42%) e coloro che dichiarano di averli sentiti nominare ma senza sapere esattamente cosa siano (42%).

Gli italiani non sembrano avere le idee chiare su quali siano i principali attori statuali della cooperazione allo sviluppo italiana. La maggioranza relativa degli intervistati (46%) ritiene che i principali attori governativi siano Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale (Maeci), Ministero delle Imprese e del Made in Italy (precedentemente Ministero dello Sviluppo economico, Mise), e Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). Solo il 31% ha identificato correttamente Maeci, Aics e Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) come attori principali.

Sul tema delle risorse che il governo italiano devolve ogni anno a favore della cooperazione con i paesi partner, il 61% del campione ritiene che il governo italiano dovrebbe essere (molto) generoso nell’erogare aiuti per i paesi partner. Alla domanda se aumentare o diminuire il livello attuale di questi aiuti, la maggioranza relativa (42%) ritiene che il livello di Aps debba rimanere ai livelli attuali, seguita per poco dal 41% del campione che ritiene che queste risorse debbano aumentare.

Le voci di spesa che gli intervistati hanno identificato come prioritarie sono la salute (39%), la crescita economica (35%) e l’istruzione (31%), seguite dagli interventi a supporto dei sistemi di welfare per ridurre la povertà (29%) e l’accesso all’acqua (27%). Considerando invece le aree geografiche a cui l’Aps italiano dovrebbe dare priorità, l’Africa subsahariana è stata menzionata nel 25% dei casi – percentuale più alta – seguita dai Paesi della sponda sud del Mediterraneo (Nord Africa – 17%) e Medio Oriente (12%). Tra i meno citati sono i Paesi dell’Asia-Pacifico e Oceania, dell’Asia centrale e dei Balcani.

L’indagine 2023 ha inoltre analizzato il coinvolgimento attivo degli intervistati nelle iniziative di cooperazione allo sviluppo negli ultimi dodici mesi. La maggioranza ha affermato di aver ricevuto informazioni ed aver discusso all’interno dei propri circoli sociali temi relativi a povertà e sviluppo (70% e 69% del campione, rispettivamente). Queste figure diminuiscono drasticamente quando si considerano livelli di coinvolgimento che vadano oltre l’informazione: il 21% ha fatto una donazione a organizzazioni che si occupano di questi temi; il 19% ha partecipato alle attività di dette organizzazioni in maniera più o meno passiva (acquisirne la membership, seguirne le pagine sui social network, etc.); e solo il 18% ha svolto attività di volontariato in Italia o all’estero.

Tornando al mondo delle organizzazioni della società civile, l’indagine fornisce uno spaccato del gruppo di partecipanti che ha indicato di nutrire un basso livello di fiducia per queste organizzazioni (il 27% circa del campione) di esprimere il grado di accordo o disaccordo rispetto ad alcune affermazioni relative all’operato di questi attori. L’84% di questo sottogruppo ritiene che queste organizzazioni utilizzino i loro fondi in modo poco trasparente; fondi che il 59% pensa siano risorse che potrebbero essere invece utilizzate a beneficio dei cittadini italiani. In aggiunta, secondo il 72% di questo gruppo di intervistati l’impatto degli interventi realizzati dalle Osc è basso o difficile da determinare, e secondo il 57% le loro attività incentivano involontariamente i flussi migratori.

Per maggiori informazioni scarica l'indagine

  • PARTAGER SUR: