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Assegno di maternità e bonus bebè anche ai titolari di permesso unico lavoro

In una sentenza adottata il 2 settembre scorso (causa C-350/20), la Corte di Giustizia dell’Ue ha stabilito che i cittadini di paesi terzi titolari di un permesso unico di lavoro hanno il diritto di beneficiare dell’assegno di natalità e dell’assegno di maternità previsti dalla normativa italiana.

Sia sulla questione dell’assegno di maternità che su quella relativa all’assegno di natalità (bonus bebè) è da anni in corso in Italia un notevole contenzioso giurisprudenziale che ha visto i giudici di merito esprimersi molte volte a favore dell’estensione delle due prestazioni assistenziali anche agli stranieri non in possesso del permesso Ue per lungo soggiornanti, sulla base della diretta applicabilità nel nostro ordinamento dell’articolo 12 della Direttiva 2011/98/UE. Tale articolo, infatti, prevede che i lavoratori dei paesi terzi, beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne, tra l’altro, le prestazioni di malattia e di maternità.

Nell’ambito di dette controversie, la Corte Suprema di Cassazione nel 2019, ritenendo che la disciplina dell’assegno di natalità violasse diverse disposizioni della Costituzione italiana, aveva sottoposto alla Corte costituzionale alcune questioni di legittimità costituzionale riguardanti la legge n. 190/2014, nella parte in cui quest’ultima subordina il riconoscimento dell’assegno in favore di cittadini di paesi terzi alla condizione che essi siano titolari dello status di soggiornanti di lungo periodo. Per le medesime ragioni, la Corte Costituzionale era stata altresì investita di una questione di legittimità costituzionale vertente sul decreto legislativo n. 151/2001, relativo all’assegno di maternità.
Ritenendo che il divieto di discriminazioni arbitrarie e la tutela della maternità e dell’infanzia, garantiti dalla Costituzione italiana, debbano essere interpretati alla luce delle indicazioni vincolanti fornite dal diritto dell’Unione, la Corte costituzionale nel 2020 ha chiesto alla Corte di Giustizia di precisare la portata del diritto di accesso alle prestazioni sociali riconosciuto dall’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e del diritto alla parità di trattamento nel settore della sicurezza sociale concesso dall’articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98 ai lavoratori di paesi terzi.

Cosi, nella sua sentenza pronunciata in Grande Sezione, la Corte di Giustizia Ue conferma il diritto dei cittadini di paesi terzi titolari di un permesso unico di beneficiare di un assegno di natalità e di un assegno di maternità quali previsti dalla normativa italiana, ritenendo in contrasto con il diritto Ue la normativa nazionale che esclude i titolari di permesso unico dal beneficio di detti assegni.

La questione esaminata dalla Corte di Giustizia dovrebbe, trovare una soluzione normativa con l’approvazione della “Legge Europea 2019-2020” ( AS 2169) la quale prevede (articolo 2) la modifica dell’articolo 41 del D.lgs. n. 286/98 e di alcune normative specifiche di settore, per dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 12 della Direttiva 2011/98/UE.

Consulta la sentenza


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